E' chiaro che il pensiero dà fastidio...il pensiero come l'oceano non lo puoi bloccare, non lo puoi recintare.
Così stanno bruciando il mare. Così stanno uccidendo il mare. Così stanno umiliando il mare. Così stanno piegando il mare.
- Com'è profondo il mare - Lucio Dalla

5 convinzioni (culturali) da sconfiggere

Convinzioni culturali e falsi miti. La cultura dell'effimero e della mediocrità, declinata in 5 esempi. Più o meno seri.

  • 10 Feb 2014
  • Categoria: Articoli
  • Tempo di lettura: 4 minuti, 3 secondi

1 – Il dovere della coerenza
Quante volte ci hanno spiegato o insegnato il valore della coerenza. Il realtà credo che sia un valore del tutto sopravvalutato, una convinzione culturale dannosa. Ad esempio: chi o cosa mi impedisce di essere cattolico e bestemmiare tutto il giorno? Nessuno, ovviamente. Non sarebbe un comportamento assennato e di certo non sarebbe coerente con i principi religiosi cattolici, ma dove sta scritto che io, come individuo, ho il dovere di essere coerente? Voglio dire, se non danneggio nessun altro tranne me, perché mai dovrei sentire come un dovere “l’essere coerente”?
Tutto assumerebbe un’altra dimensione se io, facendomi portavoce del messaggio cattolico, andassi in giro per la città a redarguire coloro che non partecipano alle attività religiose. In quel momento il mio atteggiamento incoerente potrebbe suscitare malumore e fastidio. Ma fino a quando io rimango nel mio spazio, perché mai dovrei sentire la coerenza come un dovere? Nessun dovere, ma un diritto. Il diritto di poter essere incoerenti, con se stessi e non con gli altri.

2 – La musica triste
La musica triste non esiste. Ci sono momenti più opportuni di altri per ascoltare alcuni generi musicali, album o artisti. Nessuno si sognerebbe mai di fare un coast to coast negli Stati Uniti con un cd di Marco Masini nello stereo. Ciò premesso, credo che la musica si divida in musica bella e musica brutta. Tutto qui. E’ sulla base di queste considerazioni che ritengo “La buona Novella” di De andrè un capolavoro, mentre il disco più pop, sprint e gioioso di Gigi D’Alessio una merda. E non venitemi a dire che è relativo perché non è così. E’ una merda.

3 – Lo studio è sinonimo di intelligenza
Non mi stancherò mai di ripetere che l’intelligenza non si studia. Eppure ancora oggi c’è chi, per superficialità o per ignoranza, confonde lo studio e la cultura con l’intelligenza. Ma questa è un’attitudine alla vita,  è un sapersi muovere tra le idee. E’ sapere e saper fare, con disivoltura e consapevolezza. Lo studio aiuta a sviluppare alcune forme di intelligenza ma di certo non è una condizione sufficiente a rendere intelligenti le persone.
Ho conosciuto operai con la quinta elementare in grado di interpretare i segni del mondo in modo pungente e profondo. Ho conosciuto imprenditori che senza aver studiato hanno sorretto l’economia di un territorio per anni. E poi ho letto di Bocconiani che il lavoro l’hanno tolto a milioni di persone in virtù di macroteorie economiche che solo chi ha studiato può capire. C’è bisogno di intelligenza non solo di conoscenza.

4 – Fabio Volo è uno scrittore
Giovane, simpatico, sorridente, ha guadagnato la ribalta nel mondo editoriale grazie a “l’effetto sorpresa”. Si perché da uno come lui, con un trascorso da panettiere, da dj, da iena e da vj, tutto ti aspetteresti tranne una certa profondità d’animo. Ed è grazie a questa percezione collettiva, a questo pregiudizio, che il buon Volo ha giocato “l’effetto sorpresa”. La sua prima citazione esistenziale ti lascia di stucco. E’ possibile che un ragazzaccio come lui sia capace di tanto? La sua seconda citazione esistenziale è affascinante. La terza già rompe le palle.
La banalità fatta scrittore. Frasi ad effetto e supponenza, celata dietro una finta e stucchevole umiltà, sono gli ingredienti di uno scrittore mediocre che gioca a fare il sentimentalista. Qualcuno ha detto: “Fabio Volo sta alla scrittura come il tavernello sta al vino”.

5 – I partiti politici e la libertà
Oggi più che mai essere schierato politicamente genera diffidenza. Il parere di una persona iscritta ad un partito perde di oggettività ed ogni suo ragionamento rimane poco credibile. Molte sono le ragioni di questo atteggiamento, ma su tutte spicca una convinzione culturale odiosa. Quella convinzione secondo cui le persone iscritte ad un partito sono plagiate e schiave di un’idea.
Al calore di questa falsità ha preso vita un paradosso per il quale è un libero pensatore solo colui che non manifesta le proprie idee, o comunque colui che lo fa lontano dalla piazza pubblica. Tutti conosciamo persone a noi vicine che non hanno mai espresso una propria opinione, per il timore che questa potesse precludergli una qualsiasi strada da dover percorrere in futuro. Persone che non si sono mai esposte per difendere un principio. Ma come si può proclamare libera una persona che è vissuta all’ombra dell’apatia o, peggio ancora, dell’opportunismo e della convenienza? E al contempo, come si può pensare che gente del calibro di La Pira, De Gasperi, Togliatti, Gramsci, Einauidi erano persone non libere, soggiogate, solo perché iscritte ad un partito? La libertà non risiede nello statuto di un’associazione o di un partito, la libertà è nell’uomo e l’uomo può portare questa libertà ovunque.
Come disse un sempre furioso Vittorio Sgarbi: “la politica è libertà i partiti sono libertà”. Nessun indegno rappresentante di partito (e ce ne sono tanti) potrà mai annebbiare un concetto tanto chiaro quanto nobile. Viva chi è di parte perché “è”, e questa è la precondizione ineludibile per la libertà.

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